..ed ora insegno a dei ragazzini

Image result for online teachingPer causa di forza maggiore ora sono ” in pausa” dal mio lavoro di insegnante in universita`. Ve l’ho raccontato: tagli ai crediti di lingua straniera necessari a laurearsi hanno fatto tagliare posizioni, tra cui la mia. Mi dispiace molto. Mi manca il rapporto con i colleghi, mi manca lo stimolo che i ragazzi mi danno e la vita di classe,sempre diversa. Mi manca insegnare in classe: mi piace vedere la gioia negli occhi degli studenti quando hanno capito quello che gli sto insegnando. Mi piace essere in mezzo ad universitari, molti di loro mi hanno lasciato molto e forse qualche volta sono riuscita anche io a lasciare qualcosa in loro. Ogni anno c’e` una giornata in cui gli studenti rendono omaggio agli insegnanti che hanno avuto un impatto nella loro vita. Non vi dico la mia sorpresa quando una mia studentessa di 2 anni fa ha citato me poche settimane fa nella celebrazione di quest’anno: mi e` venuto un magone incredibile. Mi manca anche la routine del lavoro fuori casa: prepararsi al mattino, vestirsi, truccarsi ed uscire, anche se questo voleva dire infilarsi nel traffico ed affrontare la neve ed il freddo a gennaio e febbraio. Mi e` piaciuto molto l’anno scorso mettermi in gioco ed imparare ad insegnare online. L’ho fatto perche` l’universita` cercava/cerca di ampliare l’offerta di questo tipo di corsi. Mai avrei pensato che sarebbe diventato tutto il mio lavoro.
 Insegnare online.
 Come e` diverso.
Per prima cosa i tuoi studenti non li vedi.
Ho insegnato online un corso molto intensivo la scorsa estate per l’universita`e la facce dei miei studenti le ho viste solo in foto.Li ho sentiti parlare perche` essendo un corso di lingua e` naturale che gli studenti debbano fare esercizi orali, ma basta. E soprattutto quello che mi sembra sia il limite dell’insegnamento online e` la percezione di avere pochi strumenti per risolvere un problema che si pone. Se magari in un corso online universitario, in cui gli studenti sono motivati se non altro per il fatto che il corso lo pagano soldoni, questo non e` un problema evidentissimo, vi posso garantire che con dei liceali lo e`. Uno studente non fa i compiti? Va male in un test? L’unico strumento che hai e` una raffica di email, che non sai se verranno lette,
Mettere online un corso e `un lavoraccio. Ogni parola deve essere pensata perche` sia chiara e anche la navigazione sulla pagina sia facile. Le istruzioni devono essere coerenti e devono ripetersi in modo consistente. Anche l’aspetto della pagina deve essere piacevole.Il corso che avevo seguito l’anno scorso insegnava proprio questo e aver lavorato insieme a colleghe bravissime in universita` per costruire il corso universitario mi e` servito molto a rendermi conto di come online non si possa dare per scontato niente.
Comunque, a parte questi aspetti tecnici rimane il fatto che insegnare online, mi piace meno molto meno dell’insegnamento in classe. Sono un “digital immigrant” ..gia` mi sembra di fare una cosa “straordinaria” ad insegnare attraverso uno schermo di computer. Nonostante sia critica nei confronti di questo tipo di insegnamento, la mia personalita` a quanto pare traspare e viene notata dagli studenti, che notano anche il mio amore per cio` che faccio. Meno male! Almeno quello, visto la faticaccia…
Per la scuola superiore avevo cominciato a lavorare alla fine del 2014. Proprio appena finito il corso in cui avevo imparato le metodologie dell’insegnamento online ero stata contattata da una scuola superiore virtuale che offre corsi in materie non offerte dal vivo dalle scuole. Faccio un esempio. Se uno studente vuole fare italiano, ma non ci sono sufficienti fondi o studenti perche` sia necessario assumere un insegnante in loco, la scuola richiede i servigi della scuola virtuale.
Io ho studenti che provengono da scuole in Arizona, Illinois, Pennsilvania e Portorico.
L’anno scorso avevo ereditato una classe allo sbando con abitudini terribili, che avevo fatto una fatica pazzesca a rimettere in sesto e che usava un testo obsoleto. Quest’anno ho modificato tutto a mia immagine e le cose stanno andando molto meglio, ma ancora mi devo abituare ad interagire con ragazzi piu` giovani. Anche se era “ieri” che avevo anche io una figlia al liceo, come insegnante e` diverso. Non so se sto pretendendo troppo..sono solo ragazzini..
Invece…
Che gruppo di ragazzi interessanti. Certo rimangono tutte le limitazioni di cui parlavo sopra ed il fatto che mi manca l’aspetto umano del conoscerli dal vivo. Quello che ho scoperto di loro l’ho fatto dalle loro presentazioni biografiche.
Che siano capaci di ragionare, anche se sono piu` giovani dei miei soliti studenti, lo sto scoprendo tramite le discussioni che facciamo in “classe” su determinati aspetti della cultura italiana.
Il libro che ho adottato considera in ogni capitolo un aspetto diverso della vita e cultura in Italia, in un crescendo: la famiglia, il cibo, la moda, le case, la scuola, il lavoro..intorno ai quali si sviluppano anche la grammatica ed il vocabolario insegnati in quel capitolo. Ora , mentre dal terzo capitolo in poi non ci sono problemi , per i primi 2 capitolo il vocabolario e` ancora troppo limitato e gli argomenti trattati nella sezione cultura sono poco importanti. Capitolo 1 parlare a gesti, Capitolo 2 i cognomi italiani…boh?  Ora che si diffonda su un libro lo stereotipo che gli italiani gesticolano a me non va benissimo, anche perche` io non lo faccio e non conosco i gesti..a parte i gestacci, ma quelli non posso insegnarli! Cosi` ho deciso di usare un esercizio sull’ordinare al bar ( articoli e numeri) per parlare dell’importanza del bar nella vita quotidiana italiana e di come in molti paesi sia il luogo di aggregazione dove si vanno a guardare le partite della nazionale o le persone anziane passano i pomeriggi. La seconda discussione invece parte dalla domanda ” Come stai? ” e dalla differenza con “How are you?” che non e` una vera domanda, ma un saluto che non presuppone affatto una risposta (tantomeno negativa). In Italia non chiediamo ” Come stai/sta?” se non conosciamo la persona o se non abbiamo tempo di aspettare la risposta. Se vivete negli USA pensate alla faccia che farebbe la persona che vi ha detto, non chiesto “How are you?” se invece del solito FINE, cominciaste a dire ” Uhmmm not so well, I……”
Perche` vi racconto questo? Perche` una ragazza durante la discussione ha fatto una considerazione  che mi ha lasciata a bocca aperta:” Mi domando se ci sia una relazione tra il fatto che noi americani mangiamo fast food ed il fatto che facciamo domande, senza poi aspettare una risposta. Siamo quelli delle cose veloci e superficiali…” Che ne dite? Mica male come ragionamento per una 16enne. Brava! Mi sa che imparero` anche qualcosa dai miei nuovi, piu` giovani studenti liceali.

9 commenti Aggiungi il tuo

  1. Stefania ha detto:

    Quello delle domande disinteressate e dei convenevoli fast è stato si può dire il primo shock culturale per me. Rimanevo lì a mezz' aria chiedendomi ” ma come?”. Ora sono abituata, eppure quando chiedo “Ehi, how are you?” la risposta mi interessa��.
    Davvero interessante il tuo punto di vista! Bel post!

    "Mi piace"

  2. Cecilia Costantini ha detto:

    Che libro è? Sono curiosa! A me piaceva molto Un giorno in Italia, il volume 1, perché si viaggia attraverso le regioni (ma negli USA è censuratissimo perché c'è la parola TETTE associata a Bologna!).

    "Mi piace"

  3. Dany M ha detto:

    Però !! Che bello 🙂

    "Mi piace"

  4. Claudia Pessarelli ha detto:

    si`..vero ma sara` sempre o “fine” o “good”, non credi?

    "Mi piace"

  5. Claudia Pessarelli ha detto:

    Avanti! http://www.amazon.com/AVANTI-BEGINNING-ITALIAN-Janice-Aski-ebook/dp/B00DC85CBO
    Niente tette su questo libro,,neanche la parola “sedere” quando si parla di corpo umano…nessuno ha sederi o tette n Italia o USA In effetti “Un giorno in Italia” non mi e` stato mai proposto

    "Mi piace"

  6. Stefania ha detto:

    Si, assolutamente. Anche in Italia è una frase che fa parte dei convenevoli spesso sbrigativi quando si incontra qualcuno, però non ha comunque lo stesso valore perché non è qualcosa che si chiede in genere ad uno sconosciuto come qui.
    Questa alla fine è una piccolezza ma che forse può servire a interpretare un po' anche il modo diverso di stringerli i legami le relazioni.
    Non lo so.. Dovrei arrivare da straniera in Italia per verificare :-).

    "Mi piace"

  7. NonPuòEssereVero ha detto:

    Bella riflessione. Io a 16 anni non formulavo pensieri del genere!

    "Mi piace"

  8. Claudia Pessarelli ha detto:

    per quello mi ha stupita! considerazione molto profonda…

    "Mi piace"

Lascia un commento